Le chiese
La chiesa di San Nicola, che occupa una posizione centrale rispetto al nucleo abitato, rappresenta oggi la parrocchiale. Le più antiche notizie rispetto a questa chiesa sono quelle contenute nel registro delle parrocchie della diocesi di Rieti del 1398. I suo aspetto attuale è molto difforme rispetto alla sua fondazione, così come parte della zona presbiterale e parte del campanile. E’ ad un’unica navata, a sala, con due altari laterali dove sono presenti due pregevoli tele settecentesche – la Madonna del Rosario (1821) e la Fuga in Egitto (1819), che adornano i due altari laterali – in anni recenti mirabilmente restaurate con il coordinamento della Soprintendenza ai Beni Artistici da Mara Masi e ricollocate in sito con una solenne cerimonia presieduta dall’allora vescovo mons. Giuseppe Molinari e nobilitata da uno straordinario concerto dell‘Accademia Musicale Farfense. Sul soffitto è posta una grande tela decorativa rappresentante “San Nicola da Bari ed il miracolo dei bambini”, opera del 1935 di Carlo Cavallari. La chiesa inoltre ha subito recentemente lavori di consolidamento e di rifacimento della facciata che hanno portato alla luce anche l’antica torre portaria del paese. La chiesa conservava anche tra i vari oggetti di culto e le numerose suppellettili ecclesiastiche, purtroppo negli anni oggetto di sacrileghi furti e anche un’interessante scultura raffigurante l‘Annunciazione, da riferire ad una manifattura locale di epoca settecentesca, con estese tracce della coloritura originale.
La chiesa di Santa Maria dell’Annunciazione, che fino al 2000 versava in uno stato di abbandono totale con il tetto sfondato e ridotta a semplice rovina, nel corso del 2001 è stata ristrutturata, attraverso il recupero e riuso funzionale ai fini turistico-ricettivi (oltreché di culto). L’opera, ideata e finanziata nell’ambito del programma dell’Unione Europea denominato “Albergo Diffuso”, ha consentito il recupero ed il richiamo a nuova vita di un edificio tanto caro alla popolazione di Paganico Sabino e tanto legato alla sua storia con il definitivo salvataggio dell’affresco tardo-quattrocentesco posto nella parete di destra e degli altri cicli pittorici scoperti nel corso dei lavori.
Molto incerta è la data di fondazione della chiesa ma, nel 1398 doveva esistere una “ecclesia S. Marie de Paganica est ecclesia per sé”. Attraverso le ricorrenti visite Pastorali così venne descritta nel corso dei secoli:
1573: Ha un unico altare circondato da una cornice in legno.
1673: La chiesa presenta dei cambiamenti: un altare principale e due laterali
1713: La chiesa ha due altari: quello principale dedicato alla Beata Vergine Maria e quello laterale della S. Croce .
Questo per sommi capi quanto risulta dai documenti che abbiamo in possesso.
Se invece andiamo ad osservare l’aspetto esterno dell’edificio è possibile rileggere chiaramente tre diverse fasi costruttive che ci permettono di individuare momenti cronologici successivi: la facciata della chiesa doveva essere originariamente molto più arretrata; infatti lungo il suo fianco destro è ancora ben leggibile l’innesto della muratura più recente in pietra, che lascia bene in mostra i rinforzi angolari. Anche le finestre che si aprono sempre sul fianco destro ci permettono di analizzare un altro aspetto costruttivo. L’ultima apertura corrispondente alla sagrestia è, non solo di dimensioni ridotte ma è anche fuori asse rispetto alle altre che si aprono all’interno dell’unica navata. Questa modificazione della facciata esterna corrisponde ad una modificazione degli spazi interni. Sicuramente l’attuale impianto volumetrico dell’edificio doveva essere terminato nel 1819, anno in cui nel Catasto Gregoriano viene descritto come un “ambiente a sala lunga e stretta”. La chiesa nel corso della sua storia ha ricoperto un ruolo di notevole importanza. Infatti nell’Archivio di Stato di Roma si trovano puntuali testimonianze della sua gestione economica. Questo interessamento era dovuto al fatto che tutti i terreni della montagna di Paganico era diretta ed inalienabile proprietà della chiesa e la comunità si limitava alla sua amministrazione. La chiesa era molto frequentata non solo dalla popolazione di Paganico ma anche dai paesi vicini, tenuto conto che essa svolgeva un ruolo di cerniera con le popolazioni limitrofe e una messa era citata dagli obblighi imposti al parroco. Fino agli anni sessanta essa ha continuato a svolgere con regolarità le sue funzioni.
Dagli anni settanta in poi è iniziato il suo lento declino e lo stato di abbandono ha determinato la perdita di gran parte dell’arredo liturgico; l’interessante soffitto cassettonato che disponeva al centro dei motivi quadrangolari è crollato, così pure il tetto e per decenni gli affreschi cinquecenteschi sono stati sottoposti alle intemperie. A partire dagli anni novanta, grazie ad un progetto Europeo denominato “Albergo diffuso” sono stati stanziati dei fondi che hanno consentito il ripristino del tetto e, durante l’esecuzione dei lavori sono venuti alla luce sotto l’intonaco che per molti anni li aveva protetti, interessanti affreschi. La chiesa attualmente è sconsacrata e al suo interno è attrezzata per consentire il pernottamento di eventuali escursionisti. Al fondo della parete destra della navata è affrescata una crocifissione che, grazie ad una nicchia arcuata poco profonda fortunosamente si è potuta salvare. La scena rappresenta Gesù crocifisso tra Maria e Giovanni, con piccole figure di angeli che raccolgono dentro dei calici il sangue uscito dalle mani e dal costato del Salvatore. Ai piedi della croce è abbracciata la Maddalena con lunghi e disciolti capelli biondi. L’affresco termina in basso con una fascia di racemi molto semplificati su fondo bianco. L’opera mostra evidenti somiglianze con due affreschi votivi della chiesa di S. Antonio a Collegiove. Innumerevoli sono i punti di contatto che fanno ritenere gli affreschi opera dello stesso pittore: la corona di spine e la soluzione astratta dello sfondo con bande piatte di colore giallo e rosso alternato all’azzurro.
Dopo gli ultimi lavori di restauro dell’edificio è emerso che l’intera parete destra è coperta di cicli pittorici pari a circa 60 metri quadrati, datati 1590, raffiguranti-oltre alla già nota crocifissione – alcuni santi ed ex voto scoperti, sotto una mano di bianco, dalla restauratrice Rita Fagiolo in sede di trattamento della predetta crocefissione. Gli affreschi sono di autore anonimo, il c.d. “Maestro di Paganico”, che può con ragione definirsi epigono, in versione popolaresca, di Dionisio Cappelli di Amatrice (v. Barbara Fabian, “Paganico: Materiali per un piano di ricognizione”, pag. 27 e seguenti). I lavori di restauro hanno permesso ulteriori interessanti scoperte nel locale della sacrestia, cella rupestre originaria del complesso, e nella parete di sinistra in corso di esplorazione.
La Chiesa di San Giovanni Battista, attualmente è parte integrante del cimitero. Anche se viene ritenuto l’edificio di culto più antico, sorto probabilmente nell’alto medio-evo su preesistenze di epoca romana, la più antica notazione sulla struttura è del 1398. Nel 1713 la chiesa già doveva svolgere una funzione analoga a quella odierna giacché viene ricordata come <<sepolcrale>>. Nelle varie descrizioni la chiesa è indicata come dall’interno semplice e privo di affreschi. Nella facciata esterna sono però presenti frammenti di pluteo in pietra arenaria che sembrano far parte di un unico complesso decorativo di epoca altomedievale e la loro tipologia sembrerebbe infatti far pensare ad un’epoca di realizzazione oscillante tra l’VIII ed il IX secolo (v. Marco Pizzo, “Paganico: Materiali per una ricognizione”). All’interno della chiesa, degne di nota le recenti decorazioni di Mauro Vignocchi rappresentanti figure di Santi eseguite in “affresco” e tavole ad olio sulle “Storie di San Giovanni” poste sulla parete di fondo. Sull’architrave del portale esterno della chiesa è visibile un’iscrizione incisa sulla pietra che è corretto interpretare come 1513 (qualcuno, erroneamente, ha ritenuto di leggervi la data del 1111).
L’edificio oggi adibito a sede Comunale, originariamente era occupato dalla Chiesa di San Giorgio. Di unica navata e con l’abside circolare, era sorta poco al di fuori del centro abitato e sicuramente non prima del 1713 e non successivamente al 1765 (date di due visite Vescovili). Ebbe vita difficile e nel XIX secolo il Comune cominciò ad interessarsi dei suoi locali. Con la “recente” (anni ’80) risistemazione della sede comunale si perdono completamente le tracce della sua struttura architettonica. Rimane la memoria “sacra” del sito recentemente riconfermata con l’apposizione di una statuina raffigurante San Giorgio, e risolennizzata dalla rinnovata celebrazione della festa del Santo a cura di volontari del rione.
(a cura di Danilo D’Ignazi)